Diario di un parto: il mio.
L'uno
settembre del 2012 mi svegliai come tutte le mattine, ormai da qualche mese,
già stanca per le notti trascorse quasi insonni cause la gravidanza e il caldo
soffocante di quell'estate che sembrava non finisse mai.
Con
mia grande sorpresa e gioia, però, mentre facevo colazione mi accorsi che dalla
finestra entrava un'aria frizzante che mi fece respirare a pieni polmoni e mi
regalò un senso di benessere quasi dimenticato, nonostante mi sforzassi di
crederlo per il bene di quella creatura che viveva dentro me e che sapevo
poteva assorbire tutti i miei stati d'animo.
Nelle
varie visite ginecologiche, la dpp oscillava tra il due e il quattro settembre.
Quella mattina, feci come al solito quattro chiacchiere con il mio piccolo Andrea
e alla fine gli dissi che se lui era pronto, anche io mi sentivo pronta di
darlo alla luce e se voleva potevamo farlo quello stesso giorno.
Come
al solito, quindi, continuai a svolgere le faccende di casa e tutte le piccole
azioni quotidiane cui ero abituata fin quando, alle 13.30 di quello stesso
giorno, non iniziai ad avvertire delle piccole fitte al basso ventre che
nascosi a mio marito e a mia madre perchè temevo fossero dei falsi allarmi.
Contai, però, l'intervallo di tempo
intercorso tra l'una e l'altra e quando, intorno alle sedici, fu di circa venti
minuti, decisi di renderli partecipi.
Ovviamente,
loro sarebbero scappati subito in ospedale ma io tenni presenti i consigli
forniti al corso pre parto e decisi di aspettare fin quando quelle che oramai
era sicuro fossero contrazioni non avessero raggiunto un intervallo di almeno
dieci minuti, cosa che avvenne intorno alle diciotto.
A
quel punto chiesi ad Adriano, mio marito, di andare in clinica per fare un
tracciato di controllo.
In
clinica mi fecero le domande di routine e, sentendo che ero una primipara, le
ostetriche sfoggiarono subito un sorrisetto ironico e, dopo avere appurato dal
tracciato che le contrazioni non segnalavano un parto imminente, con il
permesso - avvenuto per via telefonica, visto che non era di turno - del mio
ginecologo, mi consigliarono di rientrare a casa e di tornare quando le
contrazioni non avessero avuto un intervallo di almeno cinque minuti, cosa che,
secondo loro, non sarebbe avvenuta che in nottata con un parto previsto (forse)
il giorno dopo, durante la mattina o nel primo pomeriggio.
Riuscendo
nel loro intento, mi sono sentita quasi esagerata, essendo alla prima gravidanza e non potendo conoscere
esattamente cosa fosse una VERA contrazione.
Con
Adriano ci rimettemmo in macchina ma, a circa metà strada dal rientro a casa,
mi accorsi che l'intervallo era già di cinque minuti e il fastidio si era
trasformato in dolore, seppue ancora sopportabile. Nonostante ciò, mi rifiutai
di tornare in clinica per paura dello sguardo ironico delle ostetriche! Fu
Adriano a prendere in mano la situazione, tornò indietro, espose i fatti alle
ostetriche dicendo loro che, alla fine, stavamo prendendo una camera a
pagamento e al limite avremmo pagato noi una notte in più.
A
questo punto, le ostetriche accettarono il ricovero, avvenuto alle ore 20.45,
mi dissero che mi avrebbero montato il tracciato - cosa che fu fatta - e che mi
avrebbero attaccato una flebo e fatto un clistere, cose che non furono fatte,
perchè, credo, ritenevano ancora che non fossi pronta. Del resto, non le ho più
viste se non a 3 cm di dilatazione e poi a 8 cm., pronta per partorire.
Insieme
a mio marito e in presenza di mia madre e dei miei suoceri, quindi, iniziavo a
vivere il mio travaglio. Le contrazioni continuavano ad essere una ogni cinque
minuti e aumentavano sempre più di intensità. Cercavo di non perdere il
controllo della situazione, evitando di urlare ed applicando le tecniche di
respirazione imparate al corso pre parto. Mi è stata d'aiuto, in tutto il
travaglio, la povera mano di Adriano, stretta fortissimo ad ogni contrazione.
La dilatazione, però, fino alle 23.00 ca. era ferma a 1 cm.! Intorno alle 2.00
del mattino, l'ostetrica notò che era avanzata a 3 cm. Mi disse che comunque
era ancora presto e che procedeva molto lentamente. Tornò quindi nella sua
saletta ma solo nemmeno un'ora dopo, capii che il dolore era diventato
insopportabile e che avvertivo la necessità di "spingere"!
Adriano
chiamò l'ostetrica comunicando quello che gli avevo detto e lei si precipitò
constatando che avevo già una dilatazione di 8 cm.! L'ostetrica mi guardò
stupita e mi chiese quale magia avessi fatto per arrivare così velocemente a
quel punto, poi, vedendomi respirare, mi disse che era stato grazie a quella
respirazione se la dilatazione aveva proceduto così celermente e si complimentò
con me! Mi ero presa una piccola rivincita, in quel momento, vedendo che era
scomparsa dai suoi occhi tutta l'ironia precedente! Poi, contattò la sua
collega e le chiese di dare ordine di preparare la sala parto e di chiamare il
mio ginecologo.
Andrea
stava per nascere. A breve avrei visto il volto di quell'esserino che per mesi
aveva scalciato dentro me e che mi aveva tenuto compagnia nei lunghi pomeriggi
trascorsi in casa, spesso da sola perchè il papà, al contrario di me che
lavoravo part time, era impegnato tutto il giorno e poi tutta la mia famiglia
era lontana, vivendo in Calabria. Andrea stava per nascere e io l'avrei
finalmente tenuto tra le braccia, avrei dato un volto alle mie fantasie, avrei
potuto constatare se il suo viso era davvero quello sognato più volte, durante
la gravidanza.
Intanto,
le contrazioni si facevano sempre più dolorose e ravvicinate. Il mio ginecologo
arrivò solo diversi minuti dopo la mia discesa in sala parto e rimproverò tutto
il personale perchè - lo apprendevo solo allora - non era stato avvisato del
mio ricovero. Le ostetriche, quindi, credendo che io avessi partorito di sicuro
il giorno dopo, ritennero di fare cosa gradita al ginecologo, non
disturbandolo!
Mentre
il dottore urlava e le ostetriche cercavano motivazioni utili alla loro
discolpa (non riuscendoci!) io continuavo con la mia bella respirazione!
Alla
fine gli animi si calmarono e il ginecologo, dopo avermi visitata, mi disse che
ero pronta e che quando sarebbe arrivata la prossima contrazione avrei dovuto
spingere. Facile a dirsi! In quel momento ho temuto di non farcela. Il dolore
era tanto, non ero sicura di potere sopportare un grado ulteriore di
sofferenza.
Adriano,
che ha assistito al parto, mi ha nuovamente dato la sua mano ma in quel momento
ho pensato che a quel punto mi sarebbe servito tutto il braccio! Stavo per
cedere, lo ammetto, avevo voglia di piangere e di mandare al diavolo tutti
quelli che, attorno a me, mi dicevano cosa avrei dovuto fare. Poi, ho rivisto
tutti i miei nove mesi di gravidanza e ho pensato che dalla mia forza sarebbe
dipeso il tempo rimasto per stringere finalmente il mio Andrea tra le braccia
e, quando le contrazioni si sono fatte sentire ho spinto e urlato con tutte le
mie forze, una, due, tre volte... e alla terza spinta Andrea è venuto alla luce
ed io potevo finalmente riprendere il controllo di me stessa e del mio corpo
che adesso sembrava avere raggiunto improvvisamente la
pace, mentre Adriano mi
baciava e sulle sue labbra c'era già il sapore della felicità.
Non
piansi per la fase espulsiva ma lo feci quando vidi che il ginedologo iniziava
a cucirmi, e non perchè sentivo dolore, ero anestetizzata; semplicemente perchè
pensavo di non dovere più soffrire e invece mi attendevano i punti che
"tiravano" , come spesso avevo sentito raccontare, e avrei voluto
godermi il mio piccolo senza alcun fastidio.
Il
mio piccolo... Il mio Andrea me lo ha adagiato sul petto una puericultrice e
aveva già gli occhietti aperti. Ci siamo guardati negli occhi, io e il mio
piccolo Andrea, e abbiamo subito iniziato ad amarci svisceratamente. E lui
era... lui. Il bambino che avevo immaginato, quello che avevo sognato: gli
stessi capelli neri come la mamma, gli occhi grandi... Sì, era lui, solo un po'
più bello, un po' più... tutto!
Rientrando
in stanza, riflettevo sulle parole che avevo più volte sentito dire, ovvero
che, una volta tenuto in braccio per la prima volta il proprio bambino, si
sarebbe disposti a rivivere tutta la gravidanza e soprattutto il dolore del
travaglio. È davvero così, non sono solo racconti di madri invasate. Anche io
rifarei tutto, pur di provare nuovamente quelle emozioni, quella felicità
profonda che solo noi donne, una volta divenute madri, possiamo provare.
Nel
momento in cui Andrea è venuto al mondo ho capito che si era chiuso un ciclo
della mia vita e se ne stava aprendo uno nuovo. Avevo avuto questa sensazione
altre due volte, in passato: nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza e in
quello da quest'ultima alla maturità. In entrambi i casi, si è trattato di
passaggi dolorosi. Questo, invece, portava quasi con sè la gioia del distacco
dal passato.
E
questa sensazione di "nuovo" l'ho avuta, ancora più forte, tre giorni
dopo, al mio rientro a casa quando, aprendo la porta, ho capito di stare
aprendo, in realtà, quella di un nuovo mondo, di una nuova vita da vivere
insieme a lui, piccola creatura che tenevo tra le braccia. E che si trattava di
una nuova vita me lo ricordavano gli innumerevoli oggetti che avevo lasciato in
giro prima di correre in ospedale per darlo alla luce. Ognuno di quegli
oggetti, era come se mi parlasse di un tempo lontano, un tempo fatto di attese
a volte estenuanti, come quelle delle ultime settimane trascorse in compagnia
di un caldo afoso e insopportabile.
Tutto
era rimasto come lo avevo lasciato. Tutto era pronto per essere ri-vissuto,
perché da quel due settembre del 2012, la mia vita è ricominciata insieme a
quella appena iniziata di mio figlio.
Foto da Pourfemme.it
Foto da Pourfemme.it
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