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giovedì 14 giugno 2012

L'allattamento nella mitologia

La diffusione dei riferimenti all’allattamento in tutte le mitologie è molto ampia e denota la grande importanza che ha ricoperto quest’atto in tutte le civiltà. Ci sono dèi, eroi e mostri che sono sempre alimentati in un modo eccezionale. Nella mitologia greca ci sono abbondanti riferimenti all’allattamento. Anche il mito della formazione della Via Lattea, che ha più versioni, fu il risultato di un aneddoto che coinvolge l’allattamento. Nella versione classica di Esiodo, la Via Lattea nacque dalle gocce del latte fuoriuscito dal seno di Era, mentre allattava Eracle. Zeus, approfittando del sonno della dea, attaccò al seno suo figlio Eracle, avuto con la mortale Alcmena, perché solo succhiando dal petto della madre degli dei, il semidio avrebbe potuto ottenere l'immortalità. Il figlio di Zeus però, agguantò un seno della dea con troppa forza, svegliandola e facendo schizzare parte del latte verso il cielo, creando così la Via Lattea. Questa da allora divenne la strada percorsa dagli dei per raggiungere il palazzo del re e della regina degli dei. Un’altra versione sostiene che Eracle fu abbandonato da Alcmena per paura di ritorsioni da parte di Era, sposa del re degli dei, subito dopo la nascita. Zeus fece in modo, con la complicità di Atena, che Era stessa lo trovasse fra i campi e che, inteneritasi, lo allattasse, rendendolo immortale. Altri mettono Mercurio al posto di Eracle e Maya al posto di Alcmena. L’altra versione del mito narra che, quando la dea Rea dette alla luce Zeus, il suo latte, che sgorgò in grande abbondanza, formò la Via Lattea. Un racconto popolare estone narra che una lupa, all’ascoltare il pianto di un bambino abbandonato nel bosco, corse ad allattarlo; tuttavia, dopo si scopre che tale lupa era una donna travestita con la pelle di quell’animale: per alimentare il bambino – che è suo figlio – si spoglia del vestito e viene, in tal modo, scoperta. In una leggenda analoga, quella di Romolo e Remo si narra che i gemelli, fondatori di Roma, furono allattati da una lupa dopo essere stati abbandonati dalla loro madre; una seconda versione di questo racconto dice che la “lupa” (lupae o lupae feminae) era una donna chiamata Acca Larentia, di mestiere prostituta: i romani solevano chiamare “lupe” le prostitute. Le diverse culture hanno creato divinità proprie dell’allattamento, che lo favoriscono e che proteggono bambini e madri durante tale periodo. Queste stesse divinità sogliono compiere funzioni più generali, come quella di provvedere beni in abbondanza o donare fertilità. Fra i Sumeri, la dea Nunhursag era la madre di tutti gli esseri viventi, e i primi sovrani di questa civiltà chiamavano se stessi “alimentati con il latte fedele di Nunhursag”. Vale a dire che la madre era colei che alimentava suo figlio, così come insegna la favola mongola. La mitologia ebraica dice che, all’essere abbandonato da sua madre in una grotta, Abramo fu allattato dal dito dell’arcangelo Gabriele. Nell’Antico Testamento si può leggere che Sara, la moglie di Abramo, all’età di quaranta anni dette alla luce un bambino: le donne della sua tribù dubitavano che lei ne fosse la madre, motivo per cui la obbligarono a fornire prova di ciò allattando i piccoli della comunità (allattamento simbolo di maternità). La prima fra le dee degli antichi Egizi era Rue Hathor, anche chiamata Iside: le varie versioni della leggenda la presentano come sposa o come madre del dio Horus; si dice che, dopo la sua morte, Osiride rinacque come “il bambino Horus” e, per tanto, i faraoni erano chiamati Horus e si diceva che fossero stati allattati da Iside. La dea Iside era rappresentata come una donna sorridente con orecchie e corna da vacca o con corpo di donna e testa di vacca: era il simbolo della maternità e dell’allattamento. E’ rappresentativa dell’importanza data dagli egiziani all’allattamento, un’orazione del Libro dei morti, chiamata “dichiarazione di innocenza”, che dice: “non strappai il latte dalla bocca dei bambini” (capitolo 125). Anche agli adulti il latte poteva garantire la sopravvivenza, come mostra il mito dell’allattamento filiale di Pero, che mantiene in vita il padre Micone col suo latte; il mito è di origine greca, ma è ricordato da Valerio Massimo e per questo motivo conosciuto anche con il nome di “pietà romana”. “Il paese dove scorre latte e miele” è la Terra promessa del popolo ebraico. In realtà è l’acqua che scorre, permettendo la crescita di una ricca vegetazione, quindi foraggio per il bestiame, che fornisce latte agli uomini e insieme fiori per le api, che producono miele in quantità. Entrambi, latte e acqua, sono simbolo di vitalità, energia e purezza suggerita dalla trasparenza dell’acqua e dal colore bianco del latte. Sul piano simbolico il contrario del latte non è l’acqua, ma il vino: se il latte calma, il vino agita, se il latte purifica, il vino intossica. Eppure, insieme al vino, il latte condivide il rapporto con il sangue: il vino, col suo colore rosso, simboleggia il sangue (tanto che ancora oggi rimane traccia di questa credenza in alcuni detti, come: “il vino fa buon sangue”), mentre il latte nel passato era ritenuto sangue sbiancato. Il latte di donna si pone, nella tradizione popolare, come trasformazione del sangue mestruale e come tale porta in sé qualcosa d’impuro, punto di approdo del processo iniziato col sangue della deflorazione. Anche se impuro, tuttavia il latte di donna è fonte di vita, e dunque suscita l’invidia maschile, che si esprime nei miti della lactatio virilis. La saga islandese di Thorgil narra che l’eroe, dopo la morte della moglie, per nutrire il figlioletto ancora lattante si era fatto tagliare i capezzoli, dai quali erano usciti in successione sangue, siero e latte. Il culto popolare di San Mama di Cesarea, di origine bizantina, ma diffuso anche nell’Occidente medievale, attribuiva al santo la capacità di allattare, accompagnata dal potere di far scaturire acque magiche, che ridavano il latte perduto alle puerpere e favorivano la produzione di latte degli animali. L’atto di allattare, nella letteratura mitologica del mondo intero, ha voluto denotare il sentimento di generosità e, in ogni circostanza, ha significato la creazione di un legame durevole di familiarità. 
 
Ost. Sonia

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