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giovedì 30 agosto 2012

Gravidanza indesiderata : interruzione volontaria di gravidanza

ulss.tv.it
Interrompere una gravidanza è una scelta difficile e dolorosa che molte donne compiono per i motivi più diversi. La decisione finale frequentemente non rappresenta il reale desiderio della donna, di conseguenza molte donne vivono l’aborto come una perdita che comporta dolore. Rispettare la loro scelta è fondamentale, indipendentemente da quello che noi avremmo fatto al loro posto.
Nel 1978 è stata approvata in Italia la Legge 194 "Norme per la tutela della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza" che regola le modalità del ricorso all'aborto volontario. Grazie a essa qualsiasi donna, per motivi di salute, economici, sociali o familiari, può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione partendo dal primo giorno dell'ultima mestruazione. L'intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Sistema Sanitario Nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle regioni. L’aborto clandestino, cioè fatto di nascosto, è pericoloso ed è contro la legge.
L'articolo 1 di questa legge stabilisce che "lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite". L'obiettivo è quello di prevenire il ricorso all'IVG, obiettivo che coinvolge ginecologi, ostetrici, psicologi, assistenti sociali, tramite un colloquio informativo, un supporto psicosociale e una consulenza per la procreazione responsabile post IVG.
Ruolo dell'ostetrica/o nella gravidanza indesiderata
L'ostetrica/o per quanto di sua competenza e per quanto previsto dall'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n.194, assiste la donna:
a) informandola sui diritti che le spettano in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali offerte dalle strutture che operano sul territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo all'ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. 

Tre linee guida (Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, RCOG; Agence nationale d'accréditation et d'évaluation en santé, ANAES; National Abortion Federation, NAF) e un documento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) prendono in esame l'assistenza alla donna che richiede l'interruzione volontaria di gravidanza, in particolare:
  • va fornita alla donna una consultazione clinica per IVG entro 5 giorni dalla richiesta (al massimo entro 2 settimane - RCOG), mentre l'intervento dovrebbe avvenire entro 2 settimane (al massimo tre - RCOG);
  • la donna va informata in maniera chiara, utilizzando anche materiale scritto, su: tipo di intervento (medico/chirurgico, anestesia locale/generale), effetti collaterali immediati (dolore, sanguinamento), possibili complicanze, follow up; 
  • va effettuata una consulenza contraccettiva per verificare un eventuale uso scorretto del metodo adottato e valutare il cambio o l'inizio di un metodo; 
  • la valutazione pre-aborto richiede la determinazione del gruppo sanguigno, solo se appropriati possono essere proposti emocromo (se la donna proviene da aree endemiche per emoglobinopatie), Pap test (secondo screening), screening per le malattie sessualmente trasmesse; 
  • l'epoca gestazionale va stabilita in base al colloquio con la donna e all'esame clinico, l'esame ecografico non è un prerequisito essenziale per l'IVG, ma può essere necessario in caso di dubbi su epoca gestazionale o sede della gravidanza, perciò il servizio deve avere disponibilità e accesso all'esecuzione dell'esame; 
  • le IVG devono essere effettuate in day hospital, salvo eccezioni; 
  • le pazienti dovrebbero poter scegliere se effettuare l'interruzione con metodica medica o chirurgica e il tipo di anestesia.
Modalità e tempi di svolgimento dell'IVG - A chi rivolgersi?
Quando la donna sceglie di interrompere la gravidanza si rivolge alla struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione (consultorio familiare) o ad un medico di sua fiducia, ai sensi dell’art. 4 della Legge 194/1978, per accedere alla IVG entro i primi 90 giorni (...) quando accusi “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica e psichica, in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazione del concepito”. La donna può accedere alla IVG anche oltre i primi 90 giorni quando in applicazione dell’art. 6 della stessa legge si verifichi che:
  • la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna
  • quando siano accertati processi patologici, tra quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza con l'invito a riflettere per un periodo non inferiore a sette giorni. Trascorso tale periodo la donna con tale certificato può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare l'interruzione della gravidanza (Art.5 della legge 194/78). Si rilascia un certificato anche in caso di interruzione di gravidanza oltre i 90 giorni, secondo le modalità previste dalla legge.
Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni
L'articolo 9 stabilisce che se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l'assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, in mancanza di queste persone esercenti la potestà o la tutela, oppure in presenza di persone che rifiutino il loro assenso o non sono d'accordo tra di loro, è prevista l’autorizzazione del giudice tutelare, sulla base di una relazione fatta dal ginecologo di un consultorio o di una struttura socio-sanitaria, o dal medico di fiducia. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna a decidere l’interruzione della gravidanza. Qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà e senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento. Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela. Anche la donna immigrata può usufruire gratuitamente delle prestazioni connesse all'interruzione della gravidanza.
Come si svolge l'intervento?
Viene effettuata una profilassi antibiotica universale al momento dell'intervento. Successivamente verranno somministrati i farmaci che favoriscono la dilatazione cervicale. Per quanto riguarda il tipo di anestesia impiegata, permane elevato (84.8%) il ricorso all'anestesia generale per espletare l’intervento. Tuttavia si ritiene che l'isterosuzione in anestesia locale sia gravata da minori complicanze rispetto alla procedura in anestesia generale. Nel 2003 l’OMS ha emanato delle linee guida “Safe Abortion: Technical and Policy Guidance for Health Systems” che confermano la raccomandazione sull’impiego dell’anestesia locale, piuttosto che la generale, per maggiore tutela della salute della donna e per minori costi.
Quanto dura la degenza in ospedale? E quali le complicanze?
La durata della degenza è risultata essere inferiore alle 24 ore e in alcuni casi la donna è rimasta ricoverata per una sola notte. La complicanza più frequente risulta essere l’emorragia.
Dopo la IVG, come assistere la donna?
La continuità della cura rappresenta un elemento importante nell'assistenza della donna che affronta una interruzione volontaria di gravidanza. In particolare sarebbero opportuni degli interventi educazionali sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e l'investimento di risorse per l'assistenza tempestiva e appropriata in caso di complicanze dopo l'aborto; offrire supporto emotivo, risposte chiare e comprensibili, suggerire l'adozione precoce di forme di contraccezione efficaci dopo l'IVG. Conviene intervenire prima del ritorno alla fertilità, che normalmente avviene entro 2-3 settimane dall'intervento. La contraccezione ormonale dal giorno successivo all'intervento o la precoce applicazione dello IUD sono considerate efficaci e sicure. Lo IUD è controindicato in caso di: 
- infezione accertata o sospetta (fino a risoluzione o esclusione)
- perforazione uterina
- lacerazioni cervicali
- anemia severa
- aborto nel secondo trimestre
- aborto medico (inserzione rimandata a 4 settimane o non appena vi sia evidenza di aborto completo).
In questi casi tra i metodi contraccettivi può essere utilizzato un metodo temporaneo (condom, spermicidi), i metodi naturali, invece, non sono affidabili per i primi 3 mesi.
L'ostetrica/o e l'obiezione di coscienza
L'ostetrica/o, in qualità di professionista sanitario, ai sensi dell'articolo 9 della legge 194/1978 non è tenuta a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 della stessa (modalità e tempi per la realizzazione della IVG) e agli interventi per IVG quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. L'obiezione di coscienza esonera l'ostetrica/o dal compimento delle procedure e delle attività dirette a determinare la IVG, quali ricovero, somministrazione di farmaci, partecipazione alle procedure chirurgiche all'interno dell'équipe, ma non l'esonera dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Tuttavia gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5,7 e 8. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.

Non prendere mai questa decisione da sola: se stai affrontando una gravidanza indesiderata cerca subito l’aiuto di un esperto. La tua ostetrica, il tuo ginecologo o un medico del consultorio potranno fornirti la consulenza e l’assistenza medica e psicologica di cui hai bisogno in modo da valutare attentamente la decisione e con la giusta consapevolezza.
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Le Fonti
http://www.who.int/reproductive-health/publications/safe_abortion/safe_abortion.pdf
La disciplina ostetrica di Miriam Guana et al

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